di Stefano D'Andrea
Molti svolgevano professionalmente “indagini di mercato”, “studi di 
mercato” o “ricerche di mercato”.  Peraltro, esistevano anche gli 
“esperti di mercato” e non so se essi coincidessero con coloro che 
avevano condotto studi, indagini o ricerche “di mercato”; o se si 
identificassero con coloro che avevano “studiato il mercato”; o se con 
l’espressione “esperti di mercato” si alludesse a una categoria più 
ristretta: coloro che avevano condotto “ricerche di mercato” e al 
contempo avevano “studiato il mercato”.
Né so in cosa si differenziassero gli “esperti di mercato” dagli 
esperti di materie o discipline più specifiche, per esempio gli “esperti
 di internazionalizzazione per le piccole e medie imprese”. Forse, nella
 formula “esperti di mercato”, “mercato” designava uno speciale mercato,
 il “mercato finanziario”. Se fosse così, gli esperti di mercato non 
erano più saggi o più esperti degli “esperti di internazionalizzazione 
per le piccole e medie imprese” e di ogni altro esperto di qualsiasi 
materia. Erano soltanto esperti di un mercato speciale nel quale 
circolava più denaro, rispetto all’altro e, più precisamente, rispetto a
 tutti gli altri.
Invece, mi sembra abbastanza certo che gli “esperti di mercato” 
sapessero valutare gli “indici di mercato” e suggerire le “strategie di 
mercato”. Essi sapevano informare anche sui “trend di mercato” e 
conoscevano i “prezzi di mercato”. Non so, invece, se erano gli esperti 
di mercato ad avere le "idee di mercato” e se essi sapessero individuare
 le “nicchie di mercato”.
Doveva esistere poi una certa differenza tra il “trend di mercato” e 
lo “scenario di mercato”. Anche se mi risulta difficile credere che lo 
“scenario di mercato” fosse qualcosa di statico fisso fermo.
Erano soliti scomporre il mercato sotto molteplici punti di vista. 
Era dato almeno distinguere le “zone di mercato”, le “quote di 
mercato”,  i “dati di mercato”, i “settori di mercato”, i “segmenti di 
mercato” e i “processi di mercato”. “Andamenti di mercato”, invece, 
credo che fosse una espressione all’incirca equivalente a “trend di 
mercato”. Così come credo che “fette di mercato” fosse un modo rozzo per
 dire alternativamente quote o settori di mercato:  un unico termine per
 indicare o la parte ideale o la parte reale. Mentre non sono certo che 
considerassero assolutamente sostituibile l’espressione “dati di 
mercato” con “numeri di mercato” .
Ci poteva essere il “calo di mercato” e la “crisi di mercato”
Le imprese volevano molto spesso aumentare la “quota di mercato”, anche se erano già “leader di mercato”.
Il legislatore, avendo accolto la ideologia del mercato, aveva 
sanzionato gli “abusi di mercato”. E taluno propugnava una “riforma 
agraria di mercato”. Erano moltissimi, peraltro, a perorare le “riforme 
di mercato” e a lodare quelle introdotte dai legislatori di altre 
nazioni.
Si sosteneva, poi, che l’impresa che volesse “stare sul mercato” 
fosse tenuta a seguire una corretta “politica di mercato” ed ad avere 
sempre presente “l’obiettivo di mercato”.
I giornalisti avevano “fonti di mercato” e “conoscenze di mercato”. E
 ogni tanto elargivano “pillole di mercato”. L’espressione “vertice di 
mercato”, diffusissima nel giornalismo calcistico, era utilizzata anche 
in altri ambiti. Così era dato rinvenire annunci di lavoro che 
promettevano “provvigioni al vertice di mercato”.
Esistevano, inoltre, un “contesto di mercato”, i “valori di mercato”,
 gli “strumenti di mercato”, l’“ecologia di mercato”, “l’equilibrio di 
mercato”, la “domanda di mercato”, le “ipotesi di mercato” , i 
“fallimenti di mercato”, le “prospettive di mercato”, le “news di 
mercato”, l’“anarchia di mercato” e i “rischi di mercato”.
C’era persino qualcuno che dichiarava di avere “fame di mercato”.
E anche coloro che reputavano, non senza acutezza, che in Unione 
Sovietica vi fosse stato un capitalismo di Stato, accettavano però, di 
utilizzare, in contrapposizione e per indicare il capitalismo 
occidentale, l’espressione “capitalismo di mercato”.
Dopo molti anni, contro l’ideologia dell’“economia di mercato” fu 
finalmente proposta l’ideologia l’alternativa: l’“economia sociale di 
mercato”. Poi però, fortunatamente, presero altre strade.
Nel campo del giornalismo sportivo, in particolare calcistico, 
l’espressione “di mercato” aveva trovato ulteriori e singolari usi: qui 
si davano “vertici di mercato” o “summit di mercato”; “colpi di 
mercato”, “bombe di mercato”, “voci di mercato”, “manovre di mercato”, 
“dispetti di mercato”, “operazioni di mercato”, “intrecci di mercato” e 
addirittura “derby di mercato” (per indicare che due squadre della 
stessa città intendevano acquistare il medesimo calciatore). E molto 
spesso emergeva una “clamorosa indiscrezione di mercato”:  se si 
considera la frequenza con cui utilizzavano quest’ultima espressione, si
 deve forse ipotizzare che l’aggettivo femminile “clamorosa” avesse 
allora un significato diverso da quello che noi oggi ad esso 
attribuiamo.
Ma dal campo calcistico gli usi si trasferivano alla sfera politica. 
Ed ecco allora che, in occasione delle elezioni europee del 2009, per 
alludere all’accettazione di una candidatura da parte di una 
autorevolissima astrofisica, si giungeva a scrivere : “Colpo di mercato 
dei comunisti: presa Margherita Hack”.
Gli studiosi stanno ancora indagando come fosse stato possibile che 
la lingua italiana, scritta e parlata, fosse degenerata al punto da 
rendere “generale” l’uso di una formula, persino grammaticalmente 
dubbia, come “di mercato”.
Ora “di mercato” significava “degli acquisti e delle vendite”, come 
nelle espressioni “crisi di mercato” e “crollo di mercato” (crisi o 
crollo degli acquisti e quindi delle vendite).
Ora semplicemente “di vendita” o “di buoni affari” come nell’espressione “prospettive di mercato”.
Ora significava “politica legislativa che non interferisce nella 
autonomia delle parti venditrici e compratrici”, come nell’espressione 
“fame di mercato” (fame di una politica …).
Ora significava “nel quale esclusivamente o quasi esclusivamente i 
privati hanno la proprietà dei mezzi di produzione” come 
nell’espressione “capitalismo di mercato” (capitalismo nel quale 
esclusivamente i privati ….).
Ora “che lavorano ai vertici dei grandi investitori finanziari”, o 
“che lavorano ai vertici di una o altra società determinata”, come 
nell’espressione “ secondo una notizia ricevuta da fonti di mercato”.
Ora significava “della graduatoria delle imprese che hanno un 
determinato oggetto sociale”, come nelle espressioni “leader di mercato”
 e “provvigioni al vertice di mercato”. E si potrebbe continuare a 
lungo.
È certo, peraltro, che l’uso della formula dai mille significati fu 
abbandonato per l’avvento di un movimento politico radicale, che suggerì
 agli autori di libri di espungere la frase dalla nuova edizione del 
testo. Qualche autore, che si rifiutò, fu addirittura aggredito da 
gruppi che si crede fossero studenti. Altri gruppi, certamente di 
studenti, organizzarono veri e propri roghi di libri che contenevano 
l’espressione contestata. Ma non furono questi episodi, che ebbero 
carattere marginale, a comportare la sparizione della formula. Vi fu, in
 realtà, una nausea collettiva; un fastidio irrefrenabile che si 
scatenava nei più al solo ascoltare o leggere l’espressione “di 
mercato”. Tanto che persino il Ministro dell’Università e della Ricerca 
diramò una circolare con la quale suggeriva ai docenti universitari di 
chiedere, durante le prove d’esame, agli studenti che avessero 
utilizzato l’espressione “di mercato”:“che significa l’espressione nella
 frase che lei ha utilizzato?” Gli studenti che non avessero saputo 
rispondere con precisione circa il significato dell’espressione da essi 
utilizzata, secondo il Ministro, avrebbero dovuto essere 
irrimediabilmente bocciati. Perciò, per il concorso di tutti questi 
fattori, senza gravi scontri ideologici e politici, nel giro di pochi 
anni, la formula “di mercato” scomparve dalla lingua italiana, scritta e
 parlata.
fonte http://www.appelloalpopolo.it/?p=66